Nella stampa e sul web è iniziata a circolare l’allarmante notizia che l’Europa possa ammettere l’annacquamento del vino. Poi c’è chi ha scritto che si tratta di una fake news.
Sicuramente però sembra che ci sia movimento a Bruxelles intorno alla regolamentazione dei vini parzialmente o completamente dealcolizzati, sia che siano ottenuti con l’aggiunta di acqua che con altri sistemi.
Dietro c’è sempre un business: si è annusata la possibilità di un nuovo mercato, quello dei vini a bassa gradazione alcolica (o privi totalmente di alcol), e c’è chi non lo vuole perdere. Il tutto ruota intorno alla domanda cruciale: queste bevande sono vino? O meglio, potranno fregiarsi di questa importante indicazione in etichetta? Qui si gioca tutto: poter scrivere vino in etichetta sarà determinante per il futuro mercato di questi prodotti.
Da un lato c’è l’Europa nordica, di stampo proibizionista, che vuole limitare il consumo di alcolici, spingendo verso prodotti de-alcolizzati. Viene da chiedersi, retoricamente, perché il bersaglio principale di questi politici sia sempre il vino, prodotto nei paesi mediterranei e del centro Europa, e non le enormi multinazionali dei super alcolici (con molti margini, molti soldi e molta capacità di farsi pubblicità, oltre che di imporsi politicamente). Di fatto, credo che siano ben rari gli adolescenti che si sballino o le persone di mezza età depresse che si abbruttiscano con del Bolgheri o del Barolo o del Lambrusco. Credo che succeda più frequentemente con la vodka, super alcolici vari o cocktail di varia natura. Tuttavia stanno spingendo in questa direzione, usando tecniche di terrorismo sulla nostra salute. Partono da considerazioni anche parzialmente corrette, che sono comunicate però in modo estremizzato, in una visione sempre più paternalistica del potere.
Dall’altra parte, c’è chi vede enormi possibilità di vendita di vini dealcolizzati nei paesi musulmani, dove il consumo di alcool è formalmente proibito (anche se spesso è utilizzato privatamente), o comunque in mercati dove il vino non riesce ancora più di tanto a penetrare.
La politica quindi deciderà cosa scrivere in etichetta, ma il vino dealcolizzato è vino?
La mia risposta è no. Si tratta del risultato di una manipolazione che ha poco a che fare con questa bevanda millenaria, frutto della trasformazione dell’uva, di una terra e della sua cultura, di un lavoro in vigna ed in cantina fatto in modo meticoloso e rispettoso. Chi crede nel vino artigianale, nel suo inscindibile legame col territorio e la natura, ci vede ben poca parentela. Chiamatelo come volete, ma non vino.
Michele si ricorda negli anni ’80, quando studiava ancora all’istituto agrario di San Michele, una vicenda analoga esplosa allora, a proposito dei “wine cooler“. All’epoca, sempre con l’idea di andare incontro a consumatori di paesi non avvezzi al vino o alle giovani generazioni, sembrò essere allettante la produzione di vini addizionati di succhi di frutta, come dei cocktail già pronti. Dove sono finiti i wine cooler? Dimenticati e forse mai decollati (per fortuna). Non demonizzo nulla, ma tutto questo ha poco a che fare col vino vero. Questi sono tentativi di smerciare vini di bassa qualità, che altrimenti si fatica a vendere, manipolandoli nei modi più diversi. Nascono prodotti che sono, appunto, bevande diverse: non roviniamo il vero vino confondendolo con questi “drink”.
Mi è capitato anche di leggere di chi vede come positive queste tecniche di de-alcolizzazione, col fine di abbassare le gradazioni dei vini che sono sempre più alte. Premetto che non condivido discorsi troppo generalizzati su cosa sia piacevole o meno nel vino prendendo in considerazione un singolo elemento. Ci sono vini a 12-13 gradi che sono squilibrati e pesanti. Ci sono vini a 14 gradi, o anche più, che sono perfettamente bilanciati, con tanta complessità e anche freschezza.
Ad ogni modo, sicuramente il cambiamento climatico ha un ruolo importante in questo senso. Ricordiamo però che le gradazioni alcoliche hanno iniziato ad innalzarsi ben prima, anche per altri motivi. Una buona parte del mondo del vino spinge in questa direzione già da una trentina di anni, con determinate e ben mirate scelte di vigna e di cantina.
È necessario per forza intervenire con la de-alcolizzazione per tornare ad avere vini più bevibili, meno pesanti e meno alcolici?
No di certo. Non dimentichiamoci che il vino nasce prima di tutto in vigna (e non è solo un luogo comune). Torniamo, ad esempio, a scegliere realmente le varietà più adatte al territorio e non al mercato. Torniamo a ripensare alle esposizioni delle vigne, ai sistemi di allevamento, alle densità di impianto, ai diradamenti, ecc. Che sia per cambiare certe mode o per contrastare il cambiamento climatico, la viticoltura, cioè la cura sapiente della vigna, ci può dare le vie migliori verso vini più equilibrati e piacevoli. Sono vie molto più sostenibili, oltre che in grado di preservare la nostra cultura del vino e del territorio.