T’amo, feconda e pia terra, e t’ammiro,
e ti palpo, e di te colmo le mani,
e su te chino il volto, avido, e i sani
profumi tuoi, riconoscente, aspiro;

e in te l’occhio figgendo, in breve giro
scopro monti e foreste e valli e piani,
e mi smarrisco per recessi arcani,

(Edmondo de Amicis, Alla Terra)

Una domanda che mi sento fare spesso dai nostri visitatori è perché a Bolgheri la viticoltura non si è sviluppata in collina. Infatti comprende soprattutto la fascia pede-collinare e di pianura. Tale quesito è comprensibile: quante volte avete sentito dire che la viticoltura migliore è quella di collina? “Bacchus amat colles“, Bacco ama i colli, scriveva anche Virgilio nelle Georgiche. Come mai allora a Bolgheri (e da altre parti) non è così? Perchè qui c’è tanto sole 🙂 Cerchiamo però di capire meglio il perché.

Prima rispondere a questa domanda, vi invito a riflettere sul fatto che, come in tanti altri campi, anche nel vino ci sono delle regole che possono sembrare generali ma che, con un approccio meno superficiale, si può arrivare a capire che non valgono esattamente in tutti i casi. Certe semplificazioni (o luoghi comuni) hanno poco a che fare con la multiforme diversità della produzione viticola. Come vi ho spesso ricordato, la viticoltura è sempre essenzialmente locale. Le scelte viticole possono cambiare molto fra territorio e territorio, addirittura fra vigna e vigna. Sono le condizioni particolari di suolo, clima, micro-clima e varietà a determinare le scelte migliori su dove e come realizzare una vigna, oltre che poi su come condurla per tutti gli anni a venire. Non possiamo stravolgerle se vogliamo fare un grande vino, un vino di territorio che porti in sé la sua splendida unicità.

Purtroppo a volte si tende a generalizzare usando come riferimento le scelte di territori di successo o di produttori famosi o della realtà che conosciamo meglio. Tuttavia, se ci accostiamo ad un territorio con pregiudizi, diventa veramente impossibile capirne le peculiarità. La generalizzazione è ancora più rischiosa per chi ci lavora, per i produttori: riprodurre nelle proprie vigne schemi perfetti di altri territori o aziende può portare ad errori che poi si pagano amaramente. Se si ha la grande fortuna di lavorare in un territorio vocato, la mancata comprensione delle proprie vigne è la grande discriminante fra riuscire a produrre un grande vino o meno. Gli studi di zonazione viticola servono proprio a questo, ad aiutare i produttori a fare le scelte migliori per le loro micro-realtà (non per fare graduatorie di qualità come spesso si pensa). Bolgheri è stato uno dei primi territori viticoli italiani ad avere degli studi di zonazione viticola, fatti nei primi anni ’90, con una ricerca che è andata avanti fino al 2004, condotti dall’Università di Milano sotto la guida del prof. Attilio Scienza.

Torniamo quindi alla domanda iniziale. Il concetto della maggiore qualità della viticoltura di collina è nato correttamente nei territori con climi continentali o simili. Sono luoghi dove l’acqua in genere non manca, anzi sono mediamente (o molto) piovosi. In questi casi, il fondovalle o le pianure sono luoghi dove c’è abbondanza di acqua, spesso sono anche umidi o addirittura l’acqua può ristagnare nel suolo. La vite è una pianta molto rustica ma l’umidità è la condizione che teme di più. Troppa disponibilità di acqua in generale porta ad un eccesso di vigore, che è quasi sempre un limite per la qualità del vino. I climi umidi determinano anche diverse gravi malattie, come la peronospora o le muffe che colpiscono il grappolo. Quando l’umidità diventa decisamente troppo alta nel suolo, possono subentrare grossi problemi alle radici e quindi alla pianta stessa, dai marciumi fino all’asfissia radicale.

Nella mappa sono indicati i principali climi europei. La viticoltura è nata nei climi mediterranei e poi si è espansa in quelli continentali ed atlantici. Per ognuno di questi ambienti, cambiano le problematiche della vite, i vantaggi e gli svantaggi ed i metodi colturali necessari. In più, per ogni macro-ambiente climatico, ci sono ulteriori differenze per i diversi territori.

Per tutti questi motivi, nei territori caratterizzati da queste situazioni, i fianchi delle colline risultano spesso i più adatti per la vite perché sono i meno umidi e non troppo fertili. Viene scongiurato il problema dell’umidità del suolo: l’acqua scorre verso il basso, quindi i terreni collinari sono i più drenati ed asciutti. C’è anche una migliore esposizione al sole, temperature migliori e non c’è ristagno di aria umida. In passato, in realtà, la scelta ottimale della collina era spesso guidata da altre priorità. I terreni più fertili e ricchi di acqua erano riservati alle colture indispensabili per l’alimentazione, i cereali o altro. Alla vite, vista la rusticità, erano lasciati i terreni più magri e poveri, che erano spesso quelli di collina, dove era difficile riuscire a coltivarci altro.

Se queste considerazioni sono valide per territori come quelli appena descritti, non significa che però valgano ovunque! Ci possono essere zone di pianura senza grossi problemi di umidità a cui non si applicano questi concetti. Mi permetto anche di aggiungere che il cambio climatico in corso potrà portare a modificare tante certezze oggi considerate consolidate.

Vigne nella Bolgheri DOC (Photo Credits: AudreyH bit.ly/WLRlwT)

Nei territori mediterranei come Bolgheri la situazione climatica è completamente diversa. La vite qui è autoctona, questo è il suo ambiente naturale e non ha neppure tanti problemi fitosanitari. Quello che può mancare, a differenza delle zone continentali, è proprio l’acqua. Come ho ricordato più volte, la vite non ne ha bisogno di molta, ma non deve neppure mancare nei momenti importanti del ciclo della pianta, altrimenti può subire uno stress idrico che porta alla produzione di poca uva squilibrata. L’esperienza millenaria viticola insegna che la vite deve subire un leggero stress per dare l’uva migliore per fare vino. In genere, le situazioni meno qualitative nascono dai due estremi: quando la vite sta troppo bene o quando lo stress diventa troppo alto.

La vite selvatica (nella foto, a Guado al Melo) non cresce ovunque nei boschi mediterranei, ma privilegia i luoghi dove può trovare l’acqua, questa indispensabile risorsa. Qui piove poco e quasi solo nelle stagioni fresche (dal tardo autunno alla prima parte della primavera), dopo di che è molto raro. I luoghi dove si trovano raggruppate le viti selvatiche erano detti in passato “lambruscaie”. Oggi è molto più difficile trovarle rispetto ad un tempo, in quanto le lambruscaie si localizzano soprattutto vicino ai torrenti, luoghi sottoposti spesso a lavori di pulizia degli argini.

In questi climi, i sottili suoli di collina possono risultare troppo poveri e limitanti per la vite, in particolare per quanto riguarda l’acqua. Nelle aree pedecollinari o di pianura i suoli sono in genere più profondi, le radici si possono sviluppare a pieno e possono trovare l’acqua anche in estate, dove si è accumulata nelle falde acquifere più profonde nel corso delle stagioni più fresche. Non c’è neppure troppa fertilità, anzi spesso c’è il problema contrario: nei climi mediterranei la mineralizzazione della sostanza organica è molto velocizzata dalle alte temperature medie. Naturalmente non è per forza così ovunque: ci possono essere zone difficili anche in pianura o favorevoli in collina. Ad esempio, ci sono aree della pianura bolgherese dove i terreni sono resi sottili da croste tufacee superficiali. Alcuni suoli sono mal drenati e letteralmente si allagano nelle stagioni fresche. Prima di decidere dove fare una vigna, è quindi essenziale l’esame macroscopico dell’area e poi della micro-situazione, col supporto degli studi di zonazione e/o di un bravo geologo.

Avrete quindi compreso che, in un clima mediterraneo secco e ventilato come il nostro, il concetto continentale di basso ed alto è abbastanza inutile per questi aspetti: in basso non ci sono i problemi di umidità e l’irradiazione solare è abbondante ovunque. Capite quindi perché la domanda giusta da porre in tanti territori mediterranei non è tanto l’altitudine delle vigne ma piuttosto la risposta del suolo alla lunga stagione arida estiva.

Nella figura si vede come varia la conformazione del suolo lungo i pendii e alla base delle colline, con diverse profondità legate all’accumulo del materiale di erosione e della direzione di movimento dell’acqua (da “Il suolo, la radice della vita” pubblicazione di APAT).

Nel nostro territorio, la posizione della vigna è importante anche per quanto riguarda i venti, che possono soffiare anche in modo intenso. Certi venti freddi (la Tramontana da nord ed il Grecale da nord-est) possono essere la causa di gelate primaverili, visto che qui la temperatura va difficilmente sotto lo zero. Quindi, sono più a rischio le zone troppo esposte, come le parti alte delle colline (dei versanti interessati) o le zone più aperte di pianura. Sono meno esposte invece le vigne delle aree pedecollinari, protette dalle colline, oppure le zone riparate da altri ostacoli naturali o artificiali come boschi, filari di alberi o altro.

La principale differenza fra collina e pianura a Bolgheri è legata alle differenze di temperature e per quanto riguarda l’escursione termica estiva fra giorno e notte. In generale Bolgheri gode di un clima mediamente più fresco rispetto ai territori vicini. Nel suo interno, le temperature medie annuali sono più basse nell’area collinare ed aumentano un po’ andando verso il mare. L’escursione termica è massima nelle piccole valli fra le colline, minore sulle parti alte dei rilievi e spostandosi verso il mare. Diventa quindi importante capire quali tipologie di vini e varietà stanno meglio in ciascuna condizione, senza però dimenticare di correlare questi dati agli altri elementi descritti sopra, soprattutto alla disponibilità idrica estiva.   

Le temperature medie annuali a Bolgheri sono le più basse della costa toscana. All’interno del territorio della DOC, le più basse sono nelle piccole valli interne fra le colline, un poco più alte sui rilievi e andando verso il mare (immagine presa dagli studi zonazione viticola del territorio).

In viticoltura, il clima è inevitabilmente correlato al suolo. Capita spesso di attribuire ad alcuni suoli una maggiore valenza qualitativa. In realtà non è proprio così. Ci sono esempi in Italia ed in tutto il mondo di grandi vini su terreni di ogni tipo, da quelli prevelentemente argillosi a quelli sabbiosi o limosi. La tessitura del suolo (cioè la dimensione delle particelle del suolo, nei rapporti fra le sue diverse componenti, dalla più fine a quella più grossolana) è importante in quanto influisce sull’espressione del vino, oltre che sulle scelte di lavoro del vignaiolo. Non definisce però necessariamente livelli qualitativi diversi, solo caratteristiche sensoriali differenti. È anche vero che ci possono essere varietà che prediligono l’uno o l’altro tipo di suolo ma molte altre danno semplicemente risultati diversi. Ad esempio, in modo molto generale, si può dire che i suoli con maggiore componente argillosa spingono più verso la potenza nei vini, quelli più leggeri (più sabbiosi) verso la finezza. Dire che l’uno o l’altro sia meglio o peggio è impossibile: dipende solo dal proprio gusto personale o, al più, dalle mode gustative del momento.

Il clima è sempre correlato al suolo che può variare anche molto in un territorio, come in questo esempio (da “Il suolo, la radice della vita” pubblicazione di APAT).

Un elemento molto più interessante per capire l’equilibrio della vite (e quindi del vino), ma di cui si parla molto meno, è la profondità del suolo, cioè quanto spazio ha realmente la vite per poter sviluppare un apparato radicale performante (vedete qui e qui sulle radici). Anche in questo caso però il discorso è molto articolato. In un suolo sottile le radici si svilupperanno per forza poco, il che è sicuramente un limite nei climi meno piovosi. Nei territori dove c’è buona disponibilità idrica, invece, può essere poco importante per l’acqua, anche se può essere un limite per la nutrizione minerale. Sarà cura allora del vignaiolo capire che deve intervenire di più con la concimazione. Inoltre, il rapporto clima-suolo può variare la reale disponibilità di spazio. Ad esempio, un terreno argilloso in una zona molto arida può essere problematico per la vite, perché per buona parte dell’anno diventa duro come la pietra, riducendo di fatto la capacità di crescita delle radici.

Concludendo, ho fatto diversi esempi (non esaustivi) di come c’è molta variabilità in viticoltura che va molto oltre certi stereotipi e pregiudizi, prendendo l’esempio di Bolgheri. Spero quindi sia chiaro che, se un territorio è vocato alla viticoltura, le scelte produttive possono essere anche molto diverse, non ci sono regole che vanno bene ovunque. Esistono invece scelte giuste o sbagliate per ogni condizione particolare. Inoltre, spero di aver chiarito che le differenze fra suoli e microclimi non sono necessariamente indicativi di livelli di qualità diversi, piuttosto di necessità agricole diverse e di caratteristiche diverse che si trovano nei vini o, a volte, di una migliore predisposizione per certe varietà o tipologie di vini.

Ogni azienda che fa vini territoriali sa che in queste peculiarità delle vigne sta l’identità inimitabile dei propri prodotti e che deve conoscerli a fondo per fare le scelte giuste per esaltarle e trarne il meglio.