Come abbiamo già anticipato, i nostri Rossi più importanti, Atis e Jassarte 2014 non ci saranno. Sarebbero dovuti uscire al commercio nei prossimi mesi, con la presentazione a Vinitaly.
Da noi il 2014 è stata una vendemmia molto difficile. Fortunatamente ce ne sono pochissime in questa meravigliosa Bolgheri, ma a volte capitano.
Cos’è un’annate difficile? È un annata in cui gli eventi climatici contrari si sommano a tal punto da non permettere l’originarsi del Particolare, di far nascere quei vini di selezione dove lo “Spirito del Luogo” si manifesta in tutta la sua magnificenza. Il 2014 è stata una di queste.
È stato un anno in cui la nostra bella estate non si è praticamente vista, sostituita da una cappa grigia d’umidità quasi continua, finita con una vendemmia sotto la pioggia. Il meglio delle uve, che abbiamo curato e selezionato con lavoro certosino in vigna, ha meritato di far nascere buoni vini di grande finezza, i nostri Rossi base, ma non le Selezioni.
Il vino per me è assolutamente di territorio, che significa mettersi al servizio di esso, agevolare una trasformazione che ti sorprende sempre. Un grande vino di territorio è qualcosa che non puoi comprendere fino in fondo neppure quando è nato, perché non smette di mutare e trasformarsi nel tempo che passa.
Il vino, naturalmente, non nasce solo in vigna ma anche in cantina. L’assoluta cura del nostro lavoro e delle scelte fatte, nell’uno e altro ambito, sono fondamentali. Un conto però è la cura che porta ad esaltare le qualità, un conto è stravolgerle.
Annate così difficili, per i grandi Rossi di Selezione, non le “salveresti” comunque intervenendo in cantina. Le stiri, le giri e le rigiri, puoi renderle tecnicamente perfette, ma non puoi tirare fuori quel qualcosa di più e di meglio (“quell’anima”) che nelle uve semplicemente non c’è. Non è questione di saperlo fare o meno.
Secondo me, avere una grande capacità tecnica nel fare vino non significa intervenire ad ogni costo, ma riuscire piuttosto a capire quando è meglio fermarsi. Ho troppo rispetto per Atis e Jassarte per maltrattarli in questo modo.
Fare questa scelta non è mai facile per un’azienda di vignaioli. Noi viviamo di questo lavoro, sentiamo la responsabilità nei confronti dei nostri figli, dei nostri collaboratori e delle loro famiglie. In questo periodo di vuoto c’è chi si scorderà dei nostri grandi rossi, che li sostituirà con altro. Pazienza, sono convinto che si recupererà.
In attesa di Atis e Jassarte della grande annata 2015, godiamoci ora le ultime bottiglie dell’ottimo 2013 e le altre storiche.
Michele Scienza