Finora ho centrato la mia trattazione sulla storia del vino italiano ma, parlando di queste epoche, non possiamo ignorare cosa stava succedendo oltralpe. Fu proprio in questo periodo che si sviluppò la produzione francese e nacque la fama di alcuni territori che crescerà ancora nei secoli successivi: Borgogna, Bordeaux e Champagne. Inoltre, una forte espansione della viticoltura nel Seicento fu legata al commercio olandese, come vedremo di seguito. La mia fonte principale è Roger Dion, considerato uno dei massimi storici del vino francese.
La piccola produzione francese medievale era figlia della colonizzazione romana, limitata per lo più ad un consumo locale. I vini considerati di maggior pregio nell’Alto Medioevo, con un posto di onore sulle tavole della corte reale e dalla nobiltà, erano quelli del Mediterraneo orientale, commercializzati dai veneziani. Nel corso del Medioevo e del Rinascimento iniziò anche un commercio interno, che si disputava soprattutto Parigi come il mercato più ricco e prestigioso. In seguito, il vino francese di alcuni territori iniziò ad essere esportato nelle vicine Fiandre e poi verso i ricchi paesi affacciati sul mare del Nord. Nel Seicento ci fu una prima importante espansione produttiva, legata all’aumento dei commerci.
Ricordiamoci che all’epoca i trasporti erano difficili e lenti. I vini duravano molto poco, ancor meno quelli prodotti nei climi continentali europei. Per questi motivi i commerci furono inizialmente molto locali. I mercati di Parigi e del nord Europa favorirono da principio la produzione dei territori più vicini, senza badare alla qualità. Inizialmente furono quindi avvantaggiate le vigne intorno alla capitale o in Bretagna, oltre che i produttori posti lungo la Senna ed il Reno, per la facilità del trasporto fluviale. Dal XII secolo il commercio si allargò ai vini della Mosella e alcune zone del centro-nord francese, come l’Anjou. Nel corso del Medioevo divenne più accessibile la navigazione sull’Atlantico, dando spazio ai produttori delle aeree della Loira e della Gironda. Per i deboli vini nordici fu fatale l’arrivo di prodotti un po’ più consistenti, perché provenienti da zone (relativamente) più calde. Ad esempio, a metà del XV secolo erano praticamente sparite tutte le vigne della Bretagna.
Fra il XII e XIV secolo si aprì un durissimo confronto fra le zone di produzione per conquistare prestigio e posizioni commerciali. Sicuramente succedeva ovunque, ma in Francia tutto ciò ebbe un amplissimo risalto, coinvolgento la società e la cultura. Gli esponenti dell’alta società parteggiavano per l’uno o l’altro vino. Premi e riconoscimenti ufficiali ebbero un risalto sempre maggiore, con i produttori che erano disposti a fare di tutto pur di ottenerli. Questo fenomeno è stato denominato “la battaglia dei vini“, un termine nato da alcuni poemi medievali, in particolare “La Bataille des vins” (1224) di Henri d’Andeli e “La Desputoison de vin et de l’iaue” (“La battaglia del vino e dell’acqua”, Anonimo, fine XIII-inizi XIV secolo d.C.). Queste “battaglie” sono continuate nei secoli, sfociando più tardi nella nascita della rigida gerarchia dei vini francesi che è arrivata fino ai nostri giorni.
Le “battaglie del vino” non erano comunque alla portata di tutti. La produzione nella Francia continentale era concentrata soprattutto nelle proprietà signorili ed ecclesiastiche, perché era difficile e costosa per i limiti climatici. Richiedeva conoscenze e una cura meticolosa. Il commercio in particolare era esclusivo dei nobili e delle ricche abbazie. Il successo commerciale richiedeva vini con una qualità sufficiente per viaggiare ma anche la forza economica e politica per imporre i propri prodotti. Un vino diventava rinomato e ricercato se riscontrava riconoscimenti ufficiali o addirittura aveva accesso alla tavola reale. Nobili e cittadinanze si affannavano nel muoversi politicamente per far emergere i propri prodotti e chi aveva più potere era avvantaggiato. Viceversa, i re usarono la scelta dell’acquisto del vino di un territorio come mezzo per accaparrarsi l’appoggio dei signori locali o per gratificarli se gli si mostravano particolarmente fedeli. Secondo gli storici, la geografia del potere politico di allora spiega perché in Francia si siano affermati nei secoli determinate zone vinicole e non altre, anche se più favorite per il clima.
I medici avevano un ruolo centrale nel determinare il successo di un vino o meno. Dal Medioevo al Seicento si continuavano ad attribuire al vino virtù medicali e il parere dei dottori era considerato il più rilevante. In particolare, i medici reali erano le figure chiave da manovrare per arrivare nell’empireo dei vini più prestigiosi, perché avevano la possibilità di influenzare il re e la corte nella scelta. Possiamo dire che i medici erano i più potenti influencers del vino di allora. I loro trattati, nei quali elencavano i vini consigliati perché più “salutari”, determinavano il successo o il declino dei produttori.
In questa sorta di partita a scacchi durata secoli, uscirono vincitori i territori che hanno conservato un enorme prestigio fino ai nostri giorni: Borgogna, Bordeaux e Champagne. Cerchiamo di capirne l’origine, a grandi linee.
La Borgogna, il vino dei re.
La Borgogna, che vantava una produzione risalente all’epoca della colonizzazione romana, nell’Alto Medioevo non è quasi mai nominata nei documenti commerciali verso Parigi o il nord. Il successo iniziò nel Trecento e da allora i suoi prodotti sono rimasti per secoli i vini dei re e dell’aristocrazia francese per eccellenza, un mito che resiste ancora oggi. Nel XV secolo il loro commercio uscì anche dai confini francesi ed arrivò nelle Fiandre.
La nascita di questo mito avvenne per due eventi politici decisivi: l’insediamento della casata dei Valois in Borgogna e il trasferimento del papato ad Avignone. La figura che universalmente è riconosciuta alla base del successo dei vini di Borgogna è il primo duca di Borgogna di casa Valois, Philippe l’Hardi (Filippo il Temerario). Filippo era figlio del re di Francia ed egli usò tutta la sua enorme influenza per imporre i vini che produceva nelle sue proprietà borgognotte di Beaune. Inoltre, il papato si trasferì ad Avignone nel 1342 e la corte si approvvigionava dei vini delle zone intorno, che ne trassero grandi benefici d’immagine. Il ritorno della corte papale nel 1370 rinnovò tale consumo privilegiato, spinto in modo importante da Filippo. Nel 1395 fu emesso il famoso documento ducale che regolava la viticoltura e la produzione del territorio, per ridurre le pratiche produttive scadenti.
Nei secoli seguenti i duchi di Borgogna continuarono questa protezione e promozione dei vini del territorio, al punto che si diceva “vinum belnense super omnia recense” (il vino di Beaune supera tutti per eccellenza). I vini della Cote d’Or vissero una posizione di assoluto privilegio in Francia per secoli, fino al regno di Luigi XIV. In questo periodo il dominio incontrastato venne messo in discussione dall’ascesa della regione della Champagne, innescando una feroce “battaglia del vino” fra i due territori. Nel 1704, ad esempio, fu pubblicato da alcuni medici borgognotti il libello “Défence du vin de Bourgogne contre le vin de Champagne“, (La difesa dei vini di Borgogna contro i vini della Champagne), visto che ormai la Champagne stava surclassando l’antico territorio.
Bordeaux e il privilegio commerciale inglese.
La zona di Bordeaux iniziò ad emergere nel XIII secolo ma non a Parigi. Questo avvenne sull’altra sponda della Manica, in quanto all’epoca il territorio era sotto l’influenza inglese. Fino ad allora i vini consumati in Inghilterra venivano soprattutto da La Rochelle e altre zone del Poitou, da sempre acerrimi nemici dei vini bordolesi. Nel corso del XIII secolo Bordeaux si conquistò sempre più il favore della corona inglese mostrando una fedeltà incrollabile nelle guerre contro la Spagna prima e la Francia poi (la Guerra dai Cent’anni). La Rochelle perse definitivamente il suo vantaggio commerciale con l’Inghilterra quando si consegnò alla Francia. Il 1224 fu l’anno cruciale per Bordeaux: la corona inglese riconobbe ufficialmente la città come comune, dandogli quindi la capacità di emettere leggi per proteggere la propria produzione vinicola ed i commerci. Iniziò così quello che è stato chiamato nella storia “le privilège de Bordeaux“, secondo il quale i vini degli altri territori, come i vini degli Haut-Pays, potevano arrivare sul mercato di Bordeaux solo dopo quelli locali. Edoardo III nel 1351 accordò nuovi privilegi, ponendo sotto il controllo di Bordeaux tutto il traffico della Gironda.
Ricordo che il commercio del vino allora era stagionale, perché le navi potevano viaggiare solo in certi periodi. Per far arrivare il vino in Inghilterra per Natale, i fusti di legno erano caricati poco dopo la vendemmia, fra ottobre e novembre. Poco prima c’erano le fiere del vino, nelle quali i mercanti inglesi sceglievano i prodotti da acquistare. Passato questo momento, per il trasporto bisogna aspettare il bel tempo all’inizio della primavera successiva, quando i fragili vini di allora iniziavano già a deperire. Quindi, i prodotti che arrivavano tardi sul mercato subivano forti deprezzamenti.
Il privilegio, pur modificato nel tempo, sarà abolito solo nel 1776. Esso contribuì a limitare per secoli l’espansione viticola di numerosi altri territori, come il Medoc. L’acquisto reale di vino bordolese era così rilevante che nel 1368 il parlamento inglese discusse del fatto che la spesa stava mettendo a rischio le finanze del regno. Di riflesso, l’aristocrazia inglese celebrava ogni solennità o evento con i vini rossi di Bordeaux. Il successo favorì l’allargarsi del commercio anche nel continente, verso Parigi, l’Olanda e le Fiandre. Nel XIV sec. i terreni raggiunsero prezzi esorbitanti e la viticoltura si espanse al massimo, in ogni pezzo di terra coltivabile. Si delineò così il territorio viticolo bordolese che rimarrà pressoché intatto fino all’arrivo della fillossera (nell’Ottocento).
La Francia annesse Bordeaux nel 1453 e re Carlo VII punì la città abolendo il privilegio. Fu solo temporaneo: nel 1461 Luigi XI lo ristabilì e riaprì il porto di Bordeaux ai mercanti inglesi. Il re, con questo atto, volle molto probabilmente conquistare il cuore della potente città, che era stata messa a dura prova dalla lunghissima guerra anglo-francese. Creò però scontento negli altri territori viti-vinicoli francesi, che continuarono nel tempo a fare pressioni politiche per ridurre lo storico privilegio, fino all’abolizione nel Settecento.
Il commercio olandese.
Nel Seicento una notevole trasformazione della produzione francese fu legata al commercio olandese. I Paesi Bassi, liberatesi del dominio spagnolo, iniziarono a dominare i commerci del Nord Europa. Influenzarono per almeno due secoli la produzione dell’area atlantica francese e nell’entroterra, nei territori raggiungibili via fiume lungo la Garonna, la Loira e altri.
Gli Olandesi commerciavano in genere vini non di altissimo pregio, soprattutto bianchi, più difficili da gestire con i limiti tecnici di allora. Per renderli trasportabili e più intensi, applicarono per la prima volta su larga scala la tecnica della fortificazione, cioè aumentavano l’alcol del vino aggiungendo del distillato.
La distillazione dell’alcol a partire dal vino esiste dal Medioevo (ne avevo già accennato qui) e sicuramente anche la fortificazione, ma erano pratiche poco diffuse per i limiti tecnici del tempo. I miglioramenti introdotti nel Seicento permisero l’espansione su larga scala della distillazione. Iniziarono così a diffondersi nel Nord Europa numerosi distillati prodotti con materie prime locali di basso costo (vodka, rum, gin, ecc. ), che andarono a soddisfare le necessità alcoliche soprattutto delle masse più povere. Più tardi nacquero anche altri vini fortificati per esigenze di conservazione e trasporto, come il Porto ed il Marsala, ad opera dei mercanti inglesi.
Nel 1669 il politico ed economista Jean-Baptiste Colbert scriveva che, fra ottobre e dicembre, tre o quattromila vascelli olandesi arrivavano sulle sponde della Garonna e della Charente, dove imbarcavano i vini per l’Olanda. Un terzo era consumato nel paese. Due terzi sostavano nei magazzini e ripartivano fra aprile e maggio, quando si poteva viaggiare di nuovo. Erano diretti ai porti tedeschi, a quelli del mar Baltico e di altri paesi nordici. I battelli non tornavano vuoti: scaricavano vino e caricavano legname, ferro, canapa e altro.
Diversi autori francesi dell’epoca deprecavano tutto questo. Gli olandesi erano considerati mercanti senza scrupoli, accusati di non rispettare i vini ed i territori. Questo commercio tuttavia fece aumentare notevolmente la produzione vinicola di regioni francesi fino ad allora svantaggiate. Inoltre, se il commercio del vino era sempre stato ristretto alle ricche proprietà di nobili ed ecclesiasti, quello olandese aprì le porte per la prima volta ai produttori meno facoltosi. Nel corso del Seicento ci furono zone che videro ascensioni sociali di massa grazie al vino. Il commercio olandese arricchì produttori e territori ma tuttavia non li fece crescere nella fama, perché questi vini arrivavano quasi sempre anonimi ai consumatori finali. Quindi il primato di Bordeaux, Borgogna e Champagne rimase inalterato.
Gli Olandesi incrementarono tantissimo la distillazione, non solo per fortificare i vini da esportare, ma anche per vendere il distillato tal quale. È in questo periodo, ad esempio, che alcune zone, come l’Armagnac e il Cognac, espansero una viticoltura dedicata esclusivamente alla distillazione. In quel periodo si introdusse anche la pratica di distillare le eccedenze di vino rimaste invendute.
Nel prossimo post capiremo invece cosa è successo in Champagne.
… continua