Appunti di storia della viticoltura.
Sulla maggiore calamità della viticoltura: la fillossera (parte 2°)
Come si è arrivati da qui a capire il collegamento con l’America e con le viti americane?
La scoperta della fillossera come causa della moria delle viti europee interessò molti studiosi. Ad esempio, il già citato prof. Westwood recuperò l’appunto preso nel 1863.
Risolutivo fu però, alla fine del 1868, l’entomologo francese Jules Lichtenstein, anch’esso coinvolto da Planchon. Egli si accorse che l’insetto somigliava fortemente ad uno già descritto nel 1855 negli Stati Uniti, col nome di Pemphigus vitifolia. Pochi anni dopo il nome era stato corretto in Daktulospharia vitifoliae, della famiglia Phylloxeridae. Questo è rimasto come nome scientifico ufficiale, ma ormai per tutti in Europa, ancor oggi, l’insetto mantiene il nome con cui ha devastato le nostre vigne originariamente: fillossera.
Le somiglianze erano forti ma non se ne aveva ancora la certezza: l’insetto americano era localizzato soprattutto sulle foglie della vite, mentre quello trovato in Francia sembrava vivere prevalentemente sulle radici. Nel luglio del ’69 un produttore del Bordolese, Léo Lalimand, segnalò però l’osservazione di galle di fillossera sulle foglie. Intanto fu coinvolto anche un entomologo americano, C.V. Riley , interessato da Lichtenstein, il quale fece studi in America per verificare la presenza dell’insetto americano anche sulle radici. Lo trovò.
Da queste osservazioni, si iniziò ad intuire che, nonostante le differenze di ciclo vitale, i due avessero comunque tante cose in comune. Riley spedì a Parigi dei campioni di insetti americani, per un confronto diretto. Iniziò così una stretta collaborazione e numerosi scambi fra l’entomologo americano e gli studiosi francesi, soprattutto con Planchon. Lo stesso Riley venne in Francia per confrontare direttamente i due esemplari. Così venne scoperto il collegamento con l’America ed iniziò a profilarsi una pista americana alla risoluzione del problema della fillossera.
L’attenzione si spostò infatti sulle varietà di questo paese. Alcune viti americane erano già presenti nei vigneti francesi, importati a cavallo di metà secolo, soprattutto per cercare soluzioni legate all’oidio (altro fungo arrivato dall’America in Europa). Si vide che queste viti erano le uniche resistenti alla terribile devastatrice. Planchon nel 1873 fece anche un viaggio negli Stati Uniti, per studiare la fillossera in loco e la capacità di resistergli delle viti americane.
Grazie a tutte queste scoperte, si capì anche come l’insetto fosse arrivato in Europa: molto probabilmente era stato importato proprio con viti americane infette. Infatti, si ricostruì che i primi vigneti ammalatisi erano vicini ad impianti di viti americane, anche se queste non avevano sviluppato la malattia.
Questo fatto scatenò anche una caccia polemica verso i colpevoli. Si identificarono e misero alla gogna pubblica i produttori ritenuti all’origine di questa devastazione. Fra i tanti c’era anche il già citato Léo Lalimand, che si difese strenuamente, arrivando anche a sostenere che la fillossera non fosse originaria degli Stati Uniti, contribuendo a creare ulteriore confusione. Secondo lui e altri, si era sviluppata in Francia e solo dopo si era trasferita in America. Questo fatto venne però smentito in seguito al viaggio di Planchon. Infatti in Texas trovò (e portò come prova) degli erbari con foglie di vite, raccolte nel 1834, prima della scoperta della malattia in Francia, che presentavano le inequivocabili galle causate dalla fillossera.
Intanto entomologi e biologi studiarono sempre più il complesso ciclo vitale della fillossera. Si iniziarono a capire anche le differenze del ciclo che svolgeva sulle viti americane e su quelle europee. Soprattutto spaventò la sua incredibile prolificità, sottolineando ancora una volta l’enorme pericolo che rappresentava.
Académie des Sciences et Lettres de Montpellier, 1993, J.P. Legros
“Le Phylloxéra et les maladies de al vigna: la lutte victoriuese des savants et des vignerons francais” par Roger Pouget, Edilivre.
“Victor Pulliat – Prophète en son pays” part Stéphane Guillard, Editions du Poutan, 2012.