Venerdì 1° ottobre abbiamo concluso la raccolta dell’annata 2021. È sempre con parsimonia che spendiamo certe parole ma, quest’anno, possiamo sbilanciarci senza paura di smentirci se parliamo di grande annata. Il 2021 è una di quelle annate in cui si può dire che sia andato tutto bene nelle nostre vigne. Ovviamente parlo per la nostra realtà, so bene che altrove ci sono stati problemi. Ricordiamo che l’Italia del vino ha una variabilità incredibile di climi e micro-climi. Qualunque considerazione generalista è sempre fuori luogo.
L’andamento stagionale del 2021 è stato molto regolare nel nostro territorio della Bolgheri DOC. L’estate è stata secca e ben ventilata ma con temperature non eccessive, salvo che per qualche breve periodo. La siccità si è prolungata quasi ininterrotta da metà maggio fino alla raccolta, come frequente sulla nostra costa. Non sono neppure arrivate le solite piogge che spesso rinfrescano e danno un po’ d’acqua nella parte finale dell’estate. Le precipitazioni però erano state molto intense nel periodo invernale e hanno perfettamente sostenuto le vigne per tutta la fase produttiva, nonostante l’estate molto secca.
La vite, si sa, non ha bisogno di molta acqua, ma deve avere quella che gli serve per produrre una grande uva. Non è in sofferenza: questa è la sua terra di origine ed si è evoluta perfettamente proprio per sopravvivere nel clima mediterraneo. In un territorio come il nostro, con condizioni pedoclimatiche perfette per la viticoltura, la disponibilità di acqua è il vantaggio (o il limite) più importante, in grado di determinare la differenza fra un grande vino e un buon vino. Questa differenza nasce dalle scelte fatte alle origini della vigna, prima di tutto nella scelta dei suoli più adatti, cioè quelli che sono in grado di garantire la quantità necessaria di acqua alle nostre estati mediterranee.
Quando si parla di suoli si pone sempre l’accento sulla tessitura (argilloso, sabbioso, ecc.), spesso in modo generalista. Tuttavia, l’elemento forse più importante nell’ambito mediterraneo è la profondità. Solo un suolo profondo consente alla vite di esprimere al massimo la sua incredibile capacità di allungare le proprie radici, per riuscire a raggiungere la falda freatica che si è colmata nelle stagioni fresche e si è abbassata in quelle calde. Questa capacità è anche favorita da suoli più leggeri (sabbiosi), che sono la prevalenza a Bolgheri. Quelli troppo argillosi, qui, con la siccità estiva, diventano impenetrabili alle radici, duri come la pietra. La differenza fra vigna e vigna è infatti visibile per chi sa guardare. Girando per il nostro territorio (o altri mediterranei) quest’estate si vedevano chiaramente vigne in buono stato ed altre in chiara sofferenza idrica, con numerose foglie secche e pochissimi grappoli stentati. I nostri suoli di origine alluvionale sono molto profondi e tendenzialmente sabbiosi. Hanno dimostrato ancora una volta di essere perfetti, alla prova delle estati più siccitose.
L’andamento climatico ha anche sfavorito tutte quelle avversità della vigna legate a condizioni di umidità. I problemi più importanti restano per noi l’oidio e la tignoletta, che abbiamo gestito con grande cura con l’approccio minimale ed integrato della viticoltura sostenibile. L’uva alla raccolta era infatti sanissima, per cui le operazioni di selezione dell’acino sono state quasi superflue quest’anno, se non per togliere qualche raro acino appassito (proprio per essere perfetti).
Sempre rispettando le nostre basse rese produttive, anche la quantità non è stata un problema, come invece accadde nell’annata molto siccitosa e calda del 2017. Il problema, ripeto, non è da noi la siccità estiva. La grande differenza fra il 2017 e il 2021 è stata soprattutto che nel 2017 piovve pochissimo nel periodo invernale. Quest’anno molte zone d’Italia hanno avuto cali produttivi anche per la gelata primaverile. Da noi non ha creato particolari problemi. C’è stato un giorno di vento gelido che ha colpito alcune zone, ma con danni molto limitati per quanto ci riguarda. Il problema a Bolgheri non sono le gelate ma i venti freddi. Le vigne che non corrono troppi rischi sono quelle protette da barriere naturali, come colline o boschi o filari di alberi, nelle direzioni nord (tramontana) e nord-est (grecale).
Questo andamento climatico ottimale si è riflettuto in una maturazione dell’uva molto lenta e regolare. L’invaiatura stessa è stata un po’ ritardata e siamo andati a raccogliere un po’ più tardi del nostro solito. Di norma siamo comunque sempre fra gli ultimi ad iniziare la vendemmia a Bolgheri, un po’ perché siamo in una condizione micro-climatica fra le più fresche e con la massima escursione termica del territorio, un po’ perché non abbiamo alcune delle varietà molto precoci che hanno alcuni nostri colleghi. Abbiamo iniziato col Vermentino dell’Airone, nelle vigne alla Badia, il 17 settembre (nelle annate medie iniziamo intorno al 10 settembre). Il Campo Bianco del Criseo, che è vicino alla cantina nella piccola valle fra le colline e quindi con micro-clima più fresco, è stato raccolto il 21 settembre. La raccolta dei rossi invece è stata abbastanza compressa rispetto al passato, con un avvicinamento del momento di maturazione delle numerose varietà che abbiamo nelle nostre vigne. I primi rossi, Syrah e quel poco di Merlot, sono stati raccolti il 22 settembre e, nel giro di poco più di una decina di giorni, sono venute pronte a scalare tutte le altre, senza quasi più pause, con un lavoro molto intenso e continuo. Abbiamo proceduto col Sangiovese, le diverse partite del Campo Giardino (da cui nasce il Jassarte), il Petit Verdot, il Rebo, … e tutte le altre. Abbiamo concluso col solito Cabernet sauvignon venerdì 1° ottobre. I ragazzi della vendemmia si sono spesi veramente al massimo quest’anno, con grande abnegazione e determinazione, lavorando senza sosta in vigna ed in cantina, sotto la guida esperta di Michele.
Per Michele e me è stata l’ennesima fantastica esperienza di assaggiare i campioni delle uve, poi i mosti in fermentazione, sentire le trasformazioni e prendere le difficili decisioni di volta in volta. In cantina abbiamo costatato la grande qualità di queste splendide uve, con equilibri straordinari, colori impressionanti e grandi profumi. Ad esempio, ci ha entusiasmato la vasca del Campo Bianco, il futuro Criseo, con un naturale colore dorato intenso e un profumo penetrante di albicocca. Quelle del Vermentino per l’Airone è invece più giallo paglierino, con aromi agrumati. Le diverse partite del Jassarte sono un effluvio di incenso, pepe e frutta rossa. Il Cabernet sauvignon sta presentando, in queste fasi iniziali della fermentazione, un intenso e piacevolissimo aroma di tè verde, considerato dagli esperti sintomo di grande qualità per questo vitigno … Nel corso della vinificazione e dell’affinamento gli aromi primari saranno poi arricchiti ed evoluti da altri profumi.
Nel produrre vino artigianale, l’equilibrio viene definito in vigna, con un grande lavoro di cura di ogni pianta, con modalità diverse a seconda delle condizioni micro-climatiche, di suolo, di varietà, di destinazione (se per un vino più giovane o da invecchiamento …) e di annata. Così ogni pianta è in equilibrio col suo territorio e produce uva equilibrata, selezionata perchè sia sana, oltre che raccolta nel momento ideale di maturazione. Solo con queste premesse è possibile fare un vino di territorio, con procedimenti artigianali che accompagnano la trasformazione con cura e rispetto, senza fare errori, ma senza necessità di correzioni o altre manipolazioni.
Adesso siamo nella fase di vinificazione, mentre alcune vasche hanno già finito la fermentazione e sono state svinate. Ogni nostra piccola vasca di fermentazione comprende una micro-particella omogenea di vigna, in alcuni casi per singola varietà (per i nostri vini rossi di Bolgheri), a volte con più varietà, per ottenere le sinergie che nascono nei processi di co-fermentazione (come per il Criseo e il Jassarte). La fermentazione e la macerazione sono seguite passo a passo, così che proseguano in modo regolare, decidendo di volta in volta come e quando fare rimontaggi semplici o arieggianti, per dare un po’ di ossigeno ai lieviti.
L’assaggio è sempre fondamentale per decidere il momento della svinatura, così come per tutte le fasi precedenti. I nostri sensi (gusto ed olfatto) sono insostituibili nel percepire le sfumature e soprattutto gli equilibrio complessi su cui si basa un grande vino. Le analisi ci danno invece informazioni preziose per ogni singolo parametro. Tornando alla svinatura, l’assaggio è fondamentale per capire che l’estrazione tannica sia ottimale per quella vasca, considerando le differenze di origine e di varietà, oltre che la destinazione finale di quel vino (per un vino più giovane o di maggiore invecchiamento). Nella produzione artigianale e di territorio non ci sono mai protocolli pre-costituiti: si decide ogni anno e per ogni partita le scelte più opportune. Un grnade ammattimento, ma decisamente una qualità superiore.
(Come sempre nelle foto non ci sono, perchè sono l’unica in azienda che pensa ogni tanto a fare qualche scatto. Sob!).